Penna Sandro

Sandro Penna (1906-1976)

Nasce a Perugia nel 1906. Dopo aver fatto studi irregolari conclusi con il conseguimento del diploma di ragioniere, si trasferisce a Roma dove vive per la maggior parte della sua vita, tranne un breve periodo passato a Milano, esercitando i più svariati mestieri. Prima della seconda guerra mondiale collabora alle riviste letterarie "Letteratura", il "Frontespizio", "Corrente" etc, dopodiché pubblica le sue liriche nel libro "Poesie" (1939). Seguono "Appunti" (1950), "Una strana gioia di vivere" (1956) e altri inediti.. La poesia di Penna alla sua uscita non ha subito un seguito favorevole, comincia ad essere apprezzata successivamente quando si diffonde una tendenza antiermetica. (un critico favorevole al poeta fu Pasolini grazie alle componenti "realistiche" presenti nelle liriche di Penna), tanto che la sua influenza si fa subito sentire sulla "scuola romana" (Bellezza, e lo stesso Pasolini). Soltanto negli ultimi anni della sua vita è diventato un vero e proprio mito, un modello per le nuove generazioni. Il poeta muore a Roma nel 1977 in solitudine e povertà.

Sandro Penna è un poeta difficile da classificare, alcuni hanno tentato di accostarlo agli ermetici, ma è più plausibile l'influenza sul poeta d'autori quali Pascoli, Saba, i lirici greci Il modo di esprimersi è il testo breve tanto che si parla della poesia di Penna come poesia epigrammatica, le sue liriche sono, infatti, delle brevi folgorazioni, delle impressioni liriche, degli scorci di vissuto che il poeta tenta di carpire dalla realtà sfuggente del mondo. La rappresentazione dei sentimenti e delle immagini perciò non si fondano sulla memoria e la trasfigurazione fantastica, ma dalla percezione reale delle cose. Il linguaggio usato dal poeta è chiaro e di facile fruibilità, la sua poesia all'apparenza semplice, vede coesistere in perfetto equilibrio un lessico aulico con un lessico più quotidiano. Il tema dominante in tutta la sua produzione è l'amore omosessuale "che a volte si confonde con le immagini più generali e ambigue della gioia di amore, altre volte richiama situazioni e rapporti concreti. Ma sempre trasferiti su un piano luminoso e sublimale. Penna sembra affermare la sua condizione "irregolare" in modo esaltato e sereno, la sublima in un canto d'amore per il ripetersi degli spettacoli naturali, degli incontri e delle occasioni quotidiane, per il rivelarsi della "luce d'oro" e per l'immergersi delle cose nel buio della notte" (Giulio Ferroni).

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