Ho alzato pareti di bambù
Carlo Alberto Sitta
in volume
Da: Il principe errante
Edizioni del Laboratorio, Modena, 1989
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IV
Si recita la neve. Sulla neve
caduta scende il profondo silenzio
dei campi. Ecco l'inverno, porta
la notte con l'arido buio
che paralizza in aria i cristalli,
li precipita al suolo scosceso.
Ogni cristallo fa il secco
rumore di foglia scheletrica
che cade e scoscende.
Ognuno di noi è un cristallo
accumulato suono su suono.
Ogni suono è riparato dagli
altri, si addormenta con la
testa piena di bianco, piena
di notti cadute sul bianco.
E' un sipario che cala su
questa intirizzita vicenda.
VIII
Si recita il corpo. Un tremito
ignudo percorre la stanza. Occhi
bianchissimi sull'ocra sabbiosa
del sesso, orecchi che ascoltano
il profondo rimbombo del sangue
si percepiscono appena. Il grembo
del suolo precipita nel limitare
vacuo del buio. Noi siamo i colpi
di luce dei corpi, luce di angeli
contro la nuda corteccia. Siamo
pietrificati nel gesto. L'aurora
del gesto è la bianchissima cute
invasa dall'ocra sabbiosa, muta,
avvinghiata, forse inestricabile.
XI
Fa inaspettata comparsa l'amore.
E subito tutto si annulla, tutto
sparisce come neve alla vampa,
tavoli sedie fondali e dialoghi
sordi in mezzo ai bambù. Tu sola
dentro l'attesa infinita occupi
il nudo spazio presente. L'amore
si stacca da te come la vela dal
vento, come la traccia esclusiva
che assorbe l'ombra obbediente.
E il luogo non mi sembra più così
lucido la recita non intima quanto
vorrei stranamente fragile per dire
che tu sei qui. Ora so che vederti
e parlarti senza tremare e sentirmi
capace di dirlo è impossibile.
XII
Ritorna l'immagine. Come figura
prima indistinta, privilegiata
dall'ombra. Poi affiorano luoghi
di una bellezza struggente, nodi
di bianco e di nero ...
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