quando il dolore si assottiglia e penetra senza incontrare ostacoli fra i gesti quotidiani allora smetti di soffrire e ti trastulli con la vita di tanto in tanto spolveri pensieri come fossero fossili di un'antica civiltà sepolta tra le mura del tuo giardino
Una notte ci vedemmo piangere per crederci diversi Un'altra notte ci credemmo piangere per ridere in versi le solite quattro sporgenze su cui posare il pane le solite nostre esigenze spogliate mature, cadute lontane Vi dissero "eccoci, armati di Sole", un raggio filtrato di sole parole ci dissero "prega, non sarai risparmiato" schivammo le colpe, tra un fuoco di ombre un tramonto eclissato essere diverso, un essere perso senza risposta fin qui, sono stato
Il mio cuore scivola dai rami del tempo e in questo bosco d'infinita semplicità una voce lo guida fra gli alberi a volgere lo sguardo intorno La luce mi spiega i raggi cadono e li separi ad uno ad uno non lasciarli andare mentre scivoli ancora vorresti trovare una pagina bianca su cui vomitare
e noi improvvisamente ci accorgiamo di essere inutili, di aver esagerato colti di sorpresa, lasciati senza fiato a smozzicare la brina al gelo, dagli occhi di perduti amanti noi tutti, abbiamo esagerato Io, in prima persona, da celestiali immagini di soli ho ricavato eclissi, delle più invoglianti, l'ombra che ricopre i muri, il dolce suono, il ricordo dei tamburi di quali presunzione ci ricopriamo, Jei! e ringraziamo gli ostacoli che si frapposero impedendoci il continuo lungo cammino il giusto sforzo di esseri umani con le gambe al collo
Un inverno si è posato sul mio braccio e mi afferra le mani le stringe a sé ha freddo e vuole accarezzarsi "non ti ricordi?" mi dice "siamo stati insieme nel '63"
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