a parole
Autore: Flavio Ermini
Pubblicazione: Empiria, 2001
da "Poema n. 10. Tra pensiero"
diventa ciò che pensa l’uomo che cade, non la voce, nell’urto con la terra
non la sola mano che cancella mostra il bene indiviso dell’aria. A metà del vuoto, in molti modi appare il primo nome
nel duplice buio, mette al mondo i vivi la donna e sulla pietra cela in essi non mutata l’acqua della carne. Dall’altra parte delle cose, non basta alla vita la fessura del sangue
dove l’essere dal fondo muore, la metà vuota che lo tiene in vita si unisce in ombra al mondo, piegandosi dove coincide il pensiero con l’urlo tra io e io diviso
si forma la lingua sul fondo delle ossa, dove persiste la nascita e duole con soffio indenne, se divide dalla sbarra le umane forme il gesto
nel suo procedere dal cielo si crea sulle labbra il silenzio per la doppia voce che dà origine al moto
trae a sé dalla pietra nella sede buia degli occhi la lingua tutte le cose di cui riconosce il respiro, poiché non esiste all’esterno del corpo alcun luogo, né dà tregua la vita suscitata dal nome
si adatta alla vita dell’uomo mediante esercizi di scrittura l’assenza, non la convenienza delle cose
viene dal sonno l’ombra che l’ombra cancella nelle parti minerali della lingua e sul palato, seppure così tanto alla parola di norma non si richieda
dov’è il seme per i beni del respiro, metà dell’umano essere migra verso quanto è cieco. Al contrario, nasconde per intero alla vista le macerie ogni parola
seguono il corpo che nel sonno muta posizione i lenti liquidi degli occhi. Quanto alla voce, il respiro e la lingua coesistono e succedono alla veglia, scavando, nell’averla pensata
dalle acque l’acqua tra le mani raccolta muta ...
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