Anna Gentile
BEATRICE
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Quando ,verso le nove del mattino, il dottor Vincenzo usciva per il suo giro di visite e le sorelle Giulia e Giustina erano al piano inferiore della casa per occuparsi del pranzo, Beatrice sostava a lungo nella sua camera. Sedeva alla toilette, la vestaglia azzurra aperta sul sottabito ricamato e, con la spazzola d'argento , indugiava a lisciare i lunghi capelli dorati, lo sguardo celestino fisso allo specchio, concentrata nel movimento ripetitivo che sembrava assorbirla totalmente.
Anche molti anni più tardi avrebbe conservato l'abitudine di indugiare ogni mattina a spazzolare i lunghi capelli bianchi che avevano conservato una lucentezza speciale. Le figlie e le nipoti l'avrebbero sempre ricordata in quel gesto, in quella sua abitudine in cui pareva estraniarsi e che le conferiva, anche in tardissima età, una grazia particolare di ragazza.
Girava poi nel silenzio della grande casa, oltrepassando cauta la stanza dove sua figlia Irene , la porta ben chiusa, trascorreva le ore leggendo nella quiete della sua ambita solitudine. Camminava con passo furtivo e leggero e si soffermava ad osservare i begli oggetti di famiglia, a sfiorare con la mano i mobili di noce intarsiata. Giungeva infine nel salotto dove erano appesi ai lati della specchiera due piatti profilati in oro dove erano riprodotte alcune vedute di Venezia, ricordo del viaggio di nozze. In un angolo dello stesso salotto, in una cornice di legno d'ebano intarsiato, un dagherrotipo mostrava un gruppo di ragazzi poco più che adolescenti sulla spiaggia. Le ragazze portavano gonne corte e cuffie bianche orlate di vezzosi merletti e i ragazzi dei buffi costumi che li coprivano fino al ginocchio. Lo sguardo di Beatrice scivolava allora dai piatti veneziani per sostare a lungo sulla foto ed i suoi occhi perdevano per qualche istante la loro fissità celestina per ...
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