Stefano Spencer
L'IMPORTANTE MISSIVA DI Mr. FLAMBERT
* * *
Monsieur Flambert prese il treno Parigi-Roma alle ore 12 in punto per consegnare un'importante missiva ad un avvocato della Capitale italiana.
Quella mattina si era alzato presto per preparare il suo scarno bagaglio: un ricambio, il necessario e null'altro, il tutto riposto con cura meticolosa nella sua 24 ore di pelle nera regalatagli da qualcuno che non ricordava, come buon augurio per il suo nuovo lavoro.
Il suo compito all'interno dell'azienda import-export in cui lavorava consisteva nel controllare documenti di varia natura, soprattutto commerciale e, se era il caso, correggerli, fare conti, stilare contratti e grafici al computer. Quel lavoro gli piaceva, soprattutto perché il precedente era retribuito peggio di quello attuale, non godeva praticamente di ferie alcune e in più lavorava in un ambiente malsano, una specie di garage alla periferia di Parigi.
Indossò un completo sobrio, prese l'impermeabile scuro, controllò di aver preso la lettera da recapitare e chiamò un tassì: erano già le 11. Chiamato il tassì buttò lo sguardo sul suo piccolo appartamento. Era scarno ma pulito e ordinato: era vuoto? Suonò il citofono, il tassista era già arrivato. Uscì chiudendo la porta con varie mandate e di lì a poco si ritrovò per le vie trafficate di Parigi e, in quel giorno, baciate dal sole e graffiate dal freddo.
La Parigi che gli si offriva era molto cambiata in quegli anni, più moderna, più efficiente, più disperata, tutta proiettata verso il mito del terzo millennio. Ma ciò che gli occhi di Flambert cercavano non erano i monumenti e le strade che attiravano i turisti, ma vie e angoli anonimi, le cornici del suo passato che, volente o nolente, gli riverberavano addosso i ricordi della sua infanzia e della sua adolescenza, ...
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Go to begin of the document
Go to previous page
Go to next page
Go to the end of document
