La firma di Shakespeare
Gregorio Scalise
Pubblicazione: da
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Solo adesso mi accorgo di questo rifugio
fra miraggi suoni d'erba e nastri di velluto:
quei segni si incrociano
quando il respiro dei poveri
abbassa la miseria:
tutto è biografia, anche le giornate
che vibrano fra il fumo dei camini,
dicono che è d'obbligo battersi
per le proprie idee:
in quei momenti esistere sembra poco:
quanta miseria dietro quel fascio
di muscoli, le analisi nella pallida luce
crescono fra inverni e silenzi,
io che non sono un mistero
vedo posteri e maledetti
leggere Hölderlin nelle giornate di pioggia,
ma questi sono alberi succhiati
da cento bocche, conoscono significati
di obbedienza, manifesti strappati,
gesti che vengono da lontano fra finestre chiuse,
e guardano uomini invecchiare,
bambini giocare e fingere.
Non amo quel fantasma che chiude la porta
e mette in ordine i vestiti:
tutte le stelle sono a nostra disposizione
anche se da allora sei cambiata:
la solitudine di quella stanza
è fatta di brividi, la nudità di quel pensiero
è scritta su fogli sgualciti dal vento:
ma ho conosciuto i sofisticati silenzi
delle donne, mi hanno fatto percorrere
vuota parabole, non mi sento di esaltare
l'uomo, neppure affondandolo
nella sua miseria:
vorrei conoscere questa società
di regole e oblii,
l'orrore della vita è una moda
da ottocento francese, bisogna
litigare con i fantasmi, decifrare
le trappole che tendono ai vivi:
col sorriso sulle labbra
ogni cultura precedente è l'inconscio
di quella che segue, perché derubarci
del coraggio del corpo
che legge pietre tombali, stele, musei,
quell'uomo scrive come uno sconosciuto
in treno tra foglie bagnate
e strade che non hanno futuro:
gli uccelli dormono, stridono,
si autogovernano: sono oggetti
che offendono le rose: più tardi
passeggerò da solo come uno spagnolo
stringerò fra i denti
le ...
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