Rachid Boudjedra
Cinque frammenti del deserto
Collana
con l’altro
88-83-x
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cinque frammenti del deserto
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frammento i
Questo grande clamore sordo per il mondo e che s’accresce all’improvviso come un’ebbrezza… Che insegue sulle sabbie la mia anima numida.
Saint-John Perse, Exil
Di notte, non v’è deserto. Tutto è scurissimo. Lo spazio subito ghermito. Subito restituito. La sabbia infiltrata dappertutto. Nelle pieghe dei vestiti. Nelle narici. Nella gola. Nel petto.
Ora: questo pressoché nulla. Come un’inconsistenza. Un’atmosfera al contempo arida e deleteria. Come verticale. Fatta di tracce, di striature o anche di raschiature. E poi questo colore dai toni così difficili da definire con precisione: nero azzurrato, violaceo, melanzana, piuttosto. Venti contrari. Simili a uccelli voraci e strillanti che planano funambolescamente, come acrobati accecati dalla loro stessa destrezza e guizzanti attraverso gli odori troppo languidi e troppo dolci dei giardini sahariani. Schizzi granulosi e pietrosi che s’incollano alla pelle. La screpolano con raffiche furibonde.
Qui, la sabbia nella bocca ha un gusto di disastro. Poiché il Sahara è un vero disastro. Che genera facilmente una specie di metafisica lacrimosa. O vigorosa. In questo secondo caso, l’essere soggiogato sprofonda in un’estasi quasi trasparente. Gelida. Pura. Estrema. Tibetana. E così via… Ma questo deserto non è neppure un’ellisse. È un insieme di geroglifici indescrivibili. Illeggibili. Mutevoli sino alla vertigine, come un palinsesto che si cancella e si riscrive. Si espunge e si ricolma. Sui generis. Quasi in grazia di un codice favoloso e straziante allo stesso tempo. Spiegamento, allora, di un’imponderabile circolarità che nessun compasso, nessun portolano possono tracciare o ritracciare.
Sempre, anche, questo inestricabile rigonfiamento come un garbuglio di fenomeni astratti e di elementi minerali che portano in sé la calcinazione del mondo e la sua dismisura, che rende tutto derisorio e falotico: carovane di cammelli che schivano gli scarabocchi ...
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