Tjutcev Teodoro

Teodoro Tjutčev (1803-1873)

Malgrado la sua aspirazione ad un lirismo anche più oggettivo o impersonale che nel caso di Puškin, la posia di Tjutčev sembra a noi, proprio per questa ragione, più vicina alla poesia di Lermontov. Tjutčev canta il dolore dell'anima del mondo, eppure quel dolore sembra farsi intimo e soggettivo, come in un individuo, in una creatura o in una persona. Ciò fu dovuto forse anche alla sua educazione poetica, che fu diversa da quella essenzialmente francese di Puškin e prevalentemente inglese di Lermontov. La cultura artistica di Tjutčev fu in sostanza tedesca: non per nulla conobbe Schelling e Heine, che tradusse insieme con Schiller e Goethe; non per nulla compose uno dei più ispirati lamenti dettati dalla morte del saggio di Weimar. Come nel caso di molti lirici germanici della generazione immediatamente successiva a quella dei primi romantici, la sua poesia è anzitutto poesia del Weltschmerz. I temi della sua meditazione lirica sono metafisici ed universali: il senso dell'eternità ed il senso dell'infinito, considerati quasi i segni d'una creazione indifferente e impassibile, superbamente ignara del pianto dell'uomo. In una famosa apostrofe al vento, il poeta così lo comanda e lo prega:

"non cantare i terribili canti
dell'antico caos natale."

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