Pietro Bembo
RIME
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I
Piansi e cantai lo strazio e l'aspra guerra,
ch'i' ebbi a sostener molti e molti anni
e la cagion di così lunghi affanni,
cose prima non mai vedute in terra.
Dive, per cui s'apre Elicona e serra,
use far a la morte illustri inganni,
date a lo stil, che nacque de' miei danni,
viver, quand'io sarò spento e sotterra.
Ché potranno talor gli amanti accorti,
queste rime leggendo, al van desio
ritoglier l'alme col mio duro exempio,
e quella strada, ch'a buon fine porti,
scorger da l'altre, e quanto adorar Dio
solo si dee nel mondo, ch'è suo tempio.
II
Io, che già vago e sciolto avea pensato
viver quest'anni, e sì di ghiaccio armarme
che fiamma non potesse omai scaldarme,
avampo tutto e son preso e legato.
Giva solo per via, quando da lato
donna scesa dal ciel vidi passarme,
e per mirarla, a piè mi cadder l'arme,
che tenendo, sarei forse campato.
Nacque ne l'alma inseme un fero ardore,
che la consuma, e bella mano avinse
catene al collo adamantine e salde.
Tal per te sono, e non men' pento, Amore,
purché tu lei, che sì m'accese e strinse,
qualche poco, Signor, leghi e riscalde.
III
Sì come suol, poi che 'l verno aspro e rio
parte e dà loco a le stagion migliori,
giovene cervo uscir col giorno fuori
del solingo suo bosco almo natio,
et or su per un colle, or lungo un rio
gir lontano da case e da pastori,
erbe pascendo rugiadose e fiori,
ovunque più ne 'l porta il suo desio;
né teme di saetta o d'altro inganno,
se non quand'egli è colto in mezzo 'l fianco
da buon arcier, che di nascosto scocchi;
tal ...
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