Adriano Sois
RIVADORO
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Rivadoro era un piccolo centro tranquillo, adagiato ai bordi di un minuscolo golfo dalle acque chiare e profonde. Alle sue spalle una pianura non molto estesa, attraversata e resa fertile dalle acque di un fiume che, dopo aver tagliato il paese in due, correva a gettarsi in mare proprio al centro della baia.
Gli abitanti della riva destra erano per lo più contadini e pescatori, la riva sinistra era abitata da artigiani, commercianti e piccoli imprenditori. Un esiguo gruppo di funzionari pubblici e di professionisti viveva equamente suddiviso al di qua e al di là dell'unico ponte che univa le due sponde. Complessivamente le attività degli uni si integravano in modo egregio con quelle degli altri, in un equilibrio economico, che non aveva mai dato adito a conflitti di nessun genere.
Anche in un clima così disteso, dove si respirava un'atmosfera di florida serenità, non poteva mancare la politica. Questa si estrinsecava in una competizione sempre contenuta in termini di buon senso e grande moderazione, proprio l'esatto contrario della dura contrapposizione presente in luoghi meno fortunati di Rivadoro. Protagonisti, i due partiti, nei quali la gente del paese si era raggruppata: quella dei rosa e quello degli azzurri, formazioni che riproponevano in termini sociali, ma politicamente non molto marcati, privi di ogni risvolto ideologico, la naturale divisione operata dal fiume. I rossi erano gli abitanti della riva destra, gli azzurri quelli della riva sinistra.
Se non fosse stato per il fatto che, ogni due anni i paesani erano chiamati ad eleggere i propri rappresentanti in seno all'assemblea cui era affidato il compito di governo della comunità, non sarebbe stato facile distinguere fra i due raggruppamenti, tanto sottili erano le differenze, sia sulle questioni d'interesse generale, che su altre più specifiche. Numericamente ...
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