Nikolàj Stephànovic Gumilev
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La poesia tratta da "Il fiore del verso russo" - un'antologia di autori e poesia russa del Novecento a cura di Renato Poggioli,
edito da Passigli - Firenze - Antella
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Memoria
Via le serpi gettano la pelle,
perché cresca l’anima d’incanto:
noi non siamo fatti come quelle,
noi cambiamo l’anima soltanto.
Tu, Memoria, guidi l’esistenza
con le briglie strette nella mano:
oh, tu dimmi quanti in precedenza
son vissuti in questo corpo umano!
Era il primo un giovine non bello,
che vagava sotto le gran logge
delle selve: un magico monello
che incantava gli alberi e le piogge.
L’amicizia aveva data in pegno
ad un pino e a un cane vagabondo:
o Memoria, tu perdesti il segno
che io fossi allora in questo mondo.
L’altro amava il vento e la montagna,
e dovunque udiva un suon di cetre:
l’esistenza a lui fu una compagna,
un tappeto il mondo e le sue pietre.
Più non l’ama l’anima discreta:
esser Dio voleva e imperatore;
attaccò un’insegna di poeta
sulla soglia delle mie dimore.
Solo l’uomo libero mi piacque,
che arma l’arco o regge il governale:
per lui sono i cantici dell’acque,
e lo invidia il nuvolo che sale.
Furon sempre eccelse le sue tende,
furon sempre forti i suoi cavalli,
e versava un’aria di nepente
al biancore delle ignote valli.
La memoria è sempre più malata:
se fu lui o un altro, ella non sa,
a scambiar la pugna immacolata
per la folle e gaia libertà.
Egli seppe fame, sete e morte
sonno e pena, strada, ponte e valle
ma toccò San Giorgio per due volte
il suo petto intatto dalle palle.
Sono il cupo e splendido architetto
d’un gran tempio sorto senza guerra:
invidiai la gloria del perfetto
sia nei cieli come sulla terra.
Ma il mio cuor le fiamme ...
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