R.I.P.
Tu finito
come un frutto marcito
come un congegno che s'inceppa
come una sigaretta spenta.
Il peso immane
del tuo detto e del non detto
sgomberato
dal mio spazio mentale.
Tutti i tuoi posti vacanti
tutti gli sforzi
per farti crescere e funzionare
e per la tua manutenzione
dissolti
la vastità della tua biografia
passata e futura
tutta in un abstract di ricordi.
Così, senza averci mai pensato,
senza un calvario degno di questo nome
e senza poter vedere
il tuo corpo consumarsi come un tizzone
la mente raggricciarsi come una foglia
e il rumore della fiamma spenta
nella tua voce che si smorza,
viene davvero voglia
di fabbricarti una dimora alternativa
e di pensarti incorporeo
essere di pura luce,
tutti i chakra attivi all'impazzata,
kundalini srotolata,
la tua beata assunzione
in una nuova dimensione
immateriale incomprensibile
ma comunque preferibile
al grembo greve della terra.
Le mani sul legno
gli occhi al cielo
tra pianti e inni
e comunioni
lo sguardo fermo su te fermo
curiosità di valutare
questa tua marmorizzazione.
E qualche gita al camposanto
la dolorosa transizione
e giusto il tempo necessario
di inscatolare i sentimenti
e di imbustare gli episodi
del nostro inedito romanzo.
Ed ecco che il pensiero di te
si definisce,
si solidifica a poco a poco.
C'è più aria, ora,
più aria senza dubbio,
l'amore è pronto
al suo trasloco.
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