BRAMATI ALBERTO (A CURA DI)

Alberto Bramati è nato nel 1962. Dopo aver compiuto studi classici, si è laureato in Estetica all'Università degli Studi di Milano. In Francia ha poi conseguito l'abilitazione all'insegnamento dell'italiano come lingua straniera. Attualmente lavora in una biblioteca e si occupa di traduzioni dal francese.

pervigilium venerisL’edizione cartacea di questo volume è acquistabile all’indirizzo: albertobramati@tin.it

PERVIGILIUM VENERIS
La veglia di Venere
63 pagine, copyright 2000
£ 10.000

Citato da T.S. Eliot nel finale de La terra desolata, il Pervigilium Veneris è un poemetto in lingua latina scritto da un poeta ignoto presumibilmente nel II sec. d.C.: composto di 93 vv. divisi in 10 strofe di lunghezza diseguale, il Pervigilium Veneris è aperto e chiuso da un ritornello che accompagna l'intero sviluppo del testo:
«Ami domani chi non ha mai amato; chi già ha amato ami domani»
Argomento del poemetto è una veglia notturna in onore di Venere, la dea dell'amore, che doveva aver luogo nei pressi del santuario di Hybla Gereatis, antica colonia greca posta sulle pendici dell'Etna, in occasione dell'inizio della primavera. Nel risveglio della natura a primavera, il Pervigilium celebra infatti la potenza assoluta di Venere come principio universale della fecondità e della generazione: sotto il suo impulso, i campi si ricoprono di fiori, gli animali tornano ad accoppiarsi, le forze cosmiche danno inizio a un nuovo ciclo che nel passato ha visto realizzarsi i grandi eventi della storia romana. Oltre a Venere, in cui confluiscono elementi della tradizione greca e di quella latina, altre divinità partecipano alla veglia notturna che celebra il ritorno della primavera, Cerere, Bacco, Apollo, e soprattutto Amore il cui influsso in parte si unisce, in parte si oppone a quello di Venere.
Ma per quale scopo fu scritto il Pervigilium Veneris? Era un inno liturgico che veniva cantato da un coro durante la processione che attraversava i boschi intorno al santuario della dea Hyblaea? Oppure era solo un testo letterario scritto da un poeta ormai invecchiato che si sentiva estraneo alla gioia vitale della festa primaverile? Resta il fatto che attraverso la malinconica confessione del proprio fallimento letterario, l'anonimo poeta del Pervigilium ritrova paradossalmente la parola perduta e con essa forse l'inizio di una nuova stagione.

L'edizione che qui si presenta contiene:
- un'introduzione che, sulla base dei più importanti contributi critici, ripercorre i principali problemi interpretativi posti dal Pervigilium Veneris, un testo complesso il cui senso non è stato a tutt'oggi completamente chiarito;
- una bibliografia essenziale;
- il testo latino;
- una nuova traduzione che, nel rispetto rigoroso del testo originale, tenta di restituirne la novità e la ricchezza attraverso la scelta di un linguaggio moderno e vitale;
- un apparato di note che analizzano le particolarità grammaticali e stilistiche della lingua latina dei secoli tardi.

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