Maria Mercè Marçal
APPARECCHIARE E SPARECCHIAR LA TAVOLA
* * *
Amore, sai? tutt'oggi, la mia porta
nella tua attesa s'apriva da sola.
Eran pieni di cibi piatti e tavola.
Specchiavan tutto i cristalli dell'acqua.
Il prezzemolo è fresco. (L'orologio
fa le cinque. Verrai?) Tutta la casa
oggi non sembra più la stessa casa.
L'origano s'infila per la porta.
Lancia sfide alla frutta l'orologio.
(Lo so: le sei, e parlo qui da sola!)
Nel lavandino scorre un sogno d'acqua
e piove a raggi disio sulla tavola.
Amor... (Le sette: non vieni. La tavola
sotto nasconde l'ansie. Fuori casa
la tristezza!) Le gaie dita d'acqua
sfiorano le piastrelle. Toppa e porta
quando verrai s'infioreranno. Sola-
mente voglio che taccia l'orologio.
Le sette e mezza. Sono l'orologio:
con i minuti apparecchio la tavola.
Batto le otto e, dal capo alla sola
della scarpa, io sento che la casa
non so se ancora è mia. Per la porta
fugge, triste, il disfatto cuor dell'acqua.
Batto le nove e le dieci, e son l'acqua
che brina le lancette all'orologio.
Su e giù già non sono chi mi porta.
Per ricoprir le ansie non ho tavola.
Rompo lo specchio e mi ridice sola.
Sale il disio e crivella la casa.
Dai buchi, vedi? fuggo via di casa,
nocchiera d'un falò che invoca l'acqua.
(Verrai quando morrà l'ora più sola?)
La frutta ha perso contro l'orologio
e l'autunno fa il pieno sulla tavola.
Nulla può uscire da nessuna porta.
Bussa alla porta la notte e vien da sola:
tolgo la tavola e annego nell'acqua
disio, orologio, piatti, cuore, casa.
* * *
Translated by Yorick Gómez Gane
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