Ida Travi
Da: "Il distacco" - Anterem Edizioni 1999
Scendono con una paura d'inferno, altri non fanno che avanzare a braccia.
Chi porge l'orecchio trema. - C'è il maestro? C'è il maestro?
Fate un inchino profondo. Questa non è una terra straniera.
Dorme l'uccello la testa avvolta nel manto, altro non fa che andare e venire,
via dal palazzo lungo l'immensa regione che ha fine. Non è giusto, non è giusto
così. Eppure così non sarà sbagliato.
Toglie il sandalo destro mentre s'infila il sinistro e tutta una parte di mondo
s'adombra, si cela la via nel palmo di mano capovolto, capovolto, schiuso.
È stato qui, ha immerso le mani.
Questo è luogo d'amore, forse la stanza della tortura. Io era quella
con l'abito grigio ferma davanti al lavaggio sacro, un braccio sospeso
nell'aria, l'altro assaltato dalle formiche.
Tutti felici, nascita incompleta, din don, ecco la culla dell'ex-futuro
don don, sotto la funebre lampada accesa.
Tu fai frusciare l'abito per casa.
È giorno lungo, lunga cantilena. Occhio dischiuso, raso sul fondo del viso
Guarda la mano bianca come divide il pane.
O per la via qieta del respiro, o per la sua silente, ferma beltà di pane
- ti sembra, sembra- oppure son sogni quelli che vanno e vengono.
Dormi, su dormi, ch'è niente.
...
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