LIBRO I
I
AGLI AMICI DELLA VALLE TIBERINA
Pur da queste serene erme pendici
D’altra vita al rumor ritornerò;
Ma nel memore petto, o nuovi amici,
Un desio dolce e mesto io porterò.
Tua verde valle ed il bel colle aprico
Sempre, o Bulcian, mi pungerà d’amor;
Bulciano, albergo di baroni antico,
Or di libere menti e d’alti cor.
E tu che al cielo, Cerbaiol, riguardi
Discendendo da i baizi d’Apennin,
Come gigante che svegliato tardi
S’affretta in caccia e interroga il mattin,
Tu ancor m’arridi. E, quando a i freschi venti
Di su l’aride carte anelerà
L’anima stanca, a voi, poggi fiorenti,
Balze austere e felici, a voi verrà.
Fiume famoso il breve piano inonda;
Ama la vite i colli; e, a rimirar
Dolce, fra verdi querce ecco la bionda
Spiga in alto a l’alpestre aura ondeggiar.
De i vecchi prepotenti in su gli spaldi
Pasce la vacca e mira lenta al pian;
E de le torri, ostello di ribaldi,
Crebbe l’utile casa al pio villan.
Dove il bronzo de’ frati in su la sera
Solo rompeva, od accrescea, l’orror,
Croscia il mulino, suona Ia gualchiera
E la canzone del vendemmiator.
Coraggio, amici. Se di vive fonti
Córse, tócco dal santo, il balzo alpin,
A voi saggi ed industrii i patrii monti
Iscaturiscan di fumoso vin;
Del vin ch’edùca il forte suolo amico
Di ferro e zolfo con natia virtù:
Co ‘l quale io libo al padre Tebro antico,
Al Tebro tolto al fin di servitù.
Fiume d’Italia, a le tue sacre rive
Peregrin mossi con devoto amor
Il tuo nume adorando, e de le dive
Memorie l’ombra mi tremava in cor.
E pensai quando i tuoi clivi Tarconte
Coronato pontefice salì,
E, fermo l’occhio nero a l’orizzonte,
Di leggi e d’armi il popol suo partì;
E quando la ...
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