Quotidiane
Gio Ferri
Pubblicazione: Nozze Pagane, Treviso, 1988
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Mi chiede, amabile àrbore domestico, amalgama e lega
d'affetti mùrmuri, allo stormir di presenze,
floreale tapizia di riposi, di lìnguine carezze,
s'io mi sia, ancorchè, quello, in assenze,
che m'era di lei;
del suo stare ferma al volto,
le mani agli occhi sìbari tocchi.
Non sgusciano l'ombre, i saldi assensi,
quei cammini delle errabonde dita
di cui era detto, alla calda morbida del fiume,
letto di distesi connubi, dopo il dono,
le paysan d'Aragon.
II.
Se debba stare all'assenso, alla donazione quieta,
lei, come vorrebbe, alla casa, alte e bianche le mura,
calorose di stanze, quotidiani sortilegi.
Che io debba sospettare, vuole. D'incostanze.
Poiché lo sa, e dir suole,
ch'io so di morene agghiacciate,
barriere freddule, prigionìe morse;
d'irrequiete filiali follicole, aperte all'ansa,
di fraterne, prolepsi e incessate, dolcidue
prolàbie, forse.
III.
Tangibilmente, potresti altrettanto - sussurri,
aggredendo l'estro delle cose,
chiedendo, per quanto
altrove abbia o voglia, amicali irrisolte pantomime.
Amorevoli o no.
Sazievoli, da superficiali disposte, quando chiedi
o puoi, o vedi, eppure so, che non hai risposte.
Altrove, in soste, fuor di te siedi
- e di te, ribatti, senza
la verità di questa impazienza,
impavida d'attese, perpetuale d'èmpiti
domestici, pricìpi fermi,
più, assai più, lo confermi, di quanto pur si creda.
IV.
Oh! L'abbandono, purtuttavia, l'abbandono!
Teso di sottecchi l'angelo dipinto,
quando costui, di cui non sei certa,
t'accarezza di voglie
che subisci, e distrattamente irretisci
alfine entro le soglie. Rapimenti inani.
L'abbandono t'abbarbica ai seni lisci, di memoria
in memoria ad altri viaggi delle mani,
entro lacustri boschi, oltre terre languide.
Quando, tuttavia, era ferma più d'adesso
la radice dell'ultimo possesso.
V.
Questi portici lunghi ti son d'...
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