Pietro Barbera
La mattanza
Il mare del mattino liscio si specchia
nel limpido cielo di primavera.
Una nenia di voci
s'alza nell'aria di vetro,
irrompe nel silenzio delle onde.
Pian piano si stringono
ritmicamente le reti,
si levano più alti i canti
dei pescatori, come le emozioni nelle
loro menti tese nello sforzo.
Nella rete gocciolante di vita e
bianca di spuma s'increspano
le acque del tassello di mare.
Lo spazio vitale si assottiglia.
Sbattono forti le pinne argentee dei pesci,
ora, al termine del loro vagare per mari.
Un viaggio lungo
affidato all'istinto, all'amore,
soffocato nel sangue.
Le squame lucenti, la morbida pelle,
vibrano sotto i raggi del sole,
fibrillano i cuori
dei signori dei mari.
S'aprono grandi gli occhi
dei volti rugosi e dalla bronzea carnagione,
ansiosi immaginano il carico,
dopo un anno d'attesa.
Tra alti spruzzi, lanci d'arpioni,
tra voci che s'incrociano,
tra braccia indurite,
gorgogliano le acque
dal vermiglio colore.
Nell'ultimo gemito
si lasciano andare i tonni
ormai rosi dal pianto.
Il rosso lentamente si scioglie
in macchie più larghe,
ritorna l'eco delle profondità marine.
Si rischiarano le verdi
acque nel tremore dei
riflessi solari.
Anche gli occhi si rischiarano,
liberati dalle cruente visioni,
dirigono,
dopo la rossa morte,
lo sguardo verso la vita
immersi
nei canti antichi del ritorno
ai moli solitari.
...
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