Gabriele D'Annunzio
Poema Paradisiaco
Alla nutrice
Gelida sta la notte cristiana
su le case degli uomini, ma pura.
- O tu che ne la casa tua lontana
fili con dita provvide la lana
de la tua greggia, sin che l'olio dura
ne la lucerna, e il ceppo a tratti splende,
Nutrice, da cui bevvi la mia vita
prima, ne le cui braccia ebbi il sopore
primo!, se da la tua bocca appassita
riudissi io quel canto e le tue dita
vedessi, ove s'attenua il bianco fiore
dei velli, e il fuso pendulo che scende,
e la fronte rugosa che s'inchina
incoronata di capelli bianchi,
ove la semplice anima indovina
si rivela talor quasi divinamente
in un raggio, e i tuoi cavi occhi stanchi
ove qualche favilla pur s'accende,
io forse piangerei ancora un pianto
salùbre e forse ancora dal profondo
mi sorgerebbe qualche antico e santo
affetto, e mi parrebbe nel tuo canto
ritrovar l'innocenza di quel biondo
pargolo; - e lungi queste cose orrende!
E tutta la freschezza del tuo latte
ne le mie vene! - Una natività
novella, in un candor di nevi intatte. E tutta la freschezza del tuo latte
ne le mie vene, e tutta la bontà
dei cieli; - e lungi queste cose orrende,
lungi sempre da l'anima rinata
e del candor natale circonfusa!
Una immensa bianchezza immacolata,
una forma d'amore angelicata,
e per tutto l'imagine diffusa
d'un Bene Sommo che quivi s'attende!
Ma tu, che ne la casa tua lontana
torci il fuso, non sai la mia ventura.
Fili con dita provvide la lana
de la tua greggia; ne sai la mia vana
tristezza, in quest'azzurra notte pura.
Tu torci il fuso, e il ceppo a tratti splende.
E fili, e fili sin che l'olio ...
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