GABRIELE D'ANNUNZIO
LAUDI DEL CIELO DEL MARE DELLA TERRA E DEGLI EROI
Alle Pleiadi e ai Fati
Gloria al Latin che disse: «Navigare
è necessario; non è necessario
vivere». A lui sia gloria in tutto il Mare!
O Mare, accenderò sul solitario
monte che addenta e artiglia te (leone
sculto da qual Ciclope statuario?)
un salso rogo estrutto col timone
e la polèna della nave rotta,
che ha la tortile forma del Tritone.
Il ricurvo timon per cui condotta
fu la nave nell'ultima procella
con la barra tra l'una e l'altra scotta,
la divina figura onde fu bella
contra il flutto la prua sotto il baleno
della nube che vinto avea la Stella,
ardere voglio avverso il Mar Tirreno,
l'ornamento superbo e il rude ordegno,
le Pleiadi invocando al ciel sereno.
Crepiterà nel fuoco il salso legno,
su la cervice del leon proteso;
e taluno vedrà di lungi il segno
insolito e dirà: «Qual mano acceso
ha il rogo audace? Quale iddio su l'erte
rupi nel cuore della fiamma è atteso?».
Non un iddio ma il figlio di Laerte
qual dallo scoglio il peregrin d'Inferno
con le pupille di martìri esperte
vide tristo crollarsi per l'interno
della fiamma cornuta che si feo
voce d'eroe santissima in eterno.
«Né dolcezza di figlio...» O Galileo,
men vali tu che nel dantesco fuoco
il piloto re d'Itaca Odisseo.
Troppo il tuo verbo al paragone è fioco
e debile il tuo gesto. Eccita i forti
quei che forò la gola al molle proco.
L'àncora che s'affonda ne' tuoi porti
non giova a noi. Disdegna la salute
chi mette sé nel turbo delle sorti.
Ei naviga alle terre sconosciute,
spirito insonne. Morde, àncora sola,
i gorghi del suo cor la sua ...
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