Le città terribili
Gabriele D'Annunzio
Vesperi di primavera,
crepuscoli d'estate,
prime piogge d'autunno
croscianti su l'immondizia
polverosa che nera
fermenta sotto le suola
fendute onde si mostra
il miserevole piede
umano come tòrta
radice di dolore
divelta; rigúrgito crasso
delle cloache nell'ombra
della divina Sera,
tumulto della strada ingombra
ove tutte le fami
e le seti irrompono a gara
d'avidità belluina
per la forza che impera
e partisce i beni col ferro,
da voi sorgere io vidi
non so quale orrida gloria.
Gloria delle città
terribili, quando a vespro
s'arrestano le miriadi
possenti dei cavalli
che per tutto il giorno
fremettero nelle vaste
macchine mai stanchi,
e s'accendono i bianchi
globi come pendule lune
tra le attonite file
dei platani lungh'esse
le case mostruose
dalle cento e cento occhiaie,
e i carri sulle rotaie
stridono carichi di scòria
umana scintillando
d'una luce piú bella
che la luce degli astri,
e ne' cieli rossastri
grandeggiano solitarie
le cupole e le torri!
Orrore delle città
terribili, quando su le vie
arse cadono i larghi lembi
violacei della Sera
con un odor molle di morte,
e s'accendono su le porte
delle taverne i fanali
rossi che versano il sangue
luminoso al limitare
ove scoppierà la furente
rissa dopo l'ingiuria,
e i fuochi della lussuria
brillano negli occhi senili
della grigia larva che insegue
per l'ombra la vergine impube
con nel passo malfermo
l'indizio del morbo dorsale,
e il bardassa trae per le scale
già buie il soldato che ride,
e la libidine incide
l'enorme priàpo sul muro!
Febbre delle città
terribili, quando il sole
come un mostro colpito
dal tridente marino
palpita ai limiti delle acque
in una immensità di sangue
e di bile moribondo,
e nel duolo ...
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