NORMA STRAMUCCI
LETTERA DA UNA PROFESSORESSA
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Incipit
Caro ragazzo,
tu mi ricorderai.
E io penserò spesso a te, ai tuoi compagni, a questa istituzione che ha nome scuola, in cui credo, a cui ho dedicato una parte fondamentale della mia vita.
Tu oggi mi respingi. Per te sono un'aliena. Il mio mondo non è il tuo.
All'inizio dell'anno, a settembre, ho conosciuto la tua timidezza.
Io, da ragazzina, sono stata timida. Ma io e te non ci assomigliamo. Tu non abbassi gli occhi, non arrossisci. Apparentemente hai più coraggio, perché ridi. Ma il tuo riso non è forte, non è sincero.
Sei prepotente, a volte anche vile. Ridi del tuo compagno più debole, di lui che, per fortuna, arrossisce ancora. È così che nascondi, e prima che agli altri a te stesso, la tua debolezza.
Sei prepotente, e vile. Ma non è colpa tua.
Il diritto
di essere giustificato
Quando c'è stato il '68 io ero piccola e tu non eri nato. Quella rivoluzione ti ha dato la scuola dei tuoi diritti. Ma tu non ne sai nulla.
I diritti per te sono una cosa scontata. Vorresti persino il diritto di restare un ignorante, e oggi ce l'hai con me perché non voglio permettertelo.
Di mattina ti alzi all'ultimo momento e ti prendi il diritto di arrivare tardi. Se hai troppo sonno, a scuola non vieni. Ti prendi il diritto di dormire. Se per una verifica non sei pronto, ti prendi il diritto di rifugiarti in un bar, di sottrarti all'impegno. Non fa nulla, per te, dal momento che hai il diritto di essere giustificato.
di non camminare
Ti hanno abituato avere tutto: la bicicletta prima, il motorino dopo, insieme alle sigarette. Il tuo modo di guidare e fumare ti fa sentire grande. ...
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