Paolo Ottaviani
TRECCIA DEGLI SPECCHI NEI FIUMI E NEI CIELI
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Seduto sulla riva, nel silenzio dell’acqua
che scorre vana e scorre, come assorto nell’acqua
l’uomo grigio lambiva diroccata una torre,
luminosa di nuvole, nel fluir delle nuvole,
tra onde e gorghi rincorre lo sciamare verdastro
del cielo e pescatori curvi, intenti a quel nastro
d’acqua e nembi, rincorre la fuga dei castori
che salpano sui rami, sui fluviatili rami…
ma in quale riflesso
d’acqua, in quale cielo?
Quale chiaro amplesso
oltre specchio e velo?
Da quale incrinatura soffia compatto il vuoto
che lo sguardo divide, come nel suo moto
correndo alla pianura la luce si recide
dall’ombra e lungo il piano muore e ondeggia col grano?
Dove si fende l’aria dentro il concorde azzurro,
come a spezzare il mondo con un cenno, un sussurro?
La forma statuaria di quel cogitabondo
universo vivente si frantuma in un niente?
S’inerpica la vita
tra specchi e riflessi?
Cieca s’infinita
tra nulla e recessi?
Metrica: quartine di doppi settenari – verso alessandrino– con rime esterne ed interne agli emistichi, intercalate da quartine di versi senari a rima alterna
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