DA UNA CAMERA AMMOBIGLIATA
1
Quanti vivon cercando un po' d'oblio,
quanti sono in esilio e quanti in fuga!
Come si paga d'esser nati il fio,
come ogni dì novello è nuova ruga!
Si canta dagli altar: "Lagrima e spera!",
ma chi celebra mai pianto conobbe,
né mai di Nesso la camicia nera,
né il letamaio del povero Giobbe.
Non credo più che gioia franca esista,
che resti una fé pura in questa terra!...
Fossi Cassandra eternamente trista!
Fossi Diomede eternamente in guerra!...
Oh! vi potrei strappar, maschere oscene!
Vi spezzerei scudi e freccie da nolo!...
E sapreste che sian quaggiù le pene
che all'onestà fan la perfidia e il dolo!
Ma i miei due passerini han già l'aurora
indovinata e la gabbia bisbiglia;
e il dolce avviso e la pace dell'ora
a più lieta canzon mi riconsiglia.
Scendi, nuova canzon, vieni e diventa
la carezza materna al capezzale!
Allontana la sfinge che spaventa,
fatti color di cielo e metti l'ale!
Rassomiglia a quei poveri augelletti
che giammai non mi han fatto un male al mondo,
che si appagan di miglio e di confetti,
e ch'ebbi in dono da un artier giocondo.
E canti il prete: "Soffri!" e canti: "Spera!".
Se mi dai sol quattro quartine buone,
le leggerò a un poeta doman sera,
o giuntami all'albor nuova canzone!
2
Canzone
Nella mia stanza squallida,
nell'asil mio negletto,
oh! quante volte ho detto:
sono tranquilli i dì!
Son solitario e povero,
non ho sorrisi intorno...
ma mi sorride il giorno,
ma la mia musa è qui!
È ver: son solitario.
Vivo una vita grama...
ma so che al mondo m'ama
qualche buon'alma ancor.
Dal mio pensier le imagini
funeste ho cancellate;
sono larve obliate,
sogni ed ubbie d'allor!
"...
|
|
|
|
|
|